“UNA CANZONE PER BOBBY LONG” DI RONALD EVERETT CAPPS

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Questo romanzo mi è inaspettatamente piaciuto. I toni un po’ cupi, i temi trattati, l’atmosfera di povertà, l’assoluta follia dei personaggi, inizialmente mi hanno portata a chiedermi che razza di libro avessi davanti. Alla fine, invece, mi sono accorta non solo di quanta poesia ci fosse in questa storia, ma anche di come tutti gli elementi che mi avevano portata a giudicare negativamente questo romanzo sono gli stessi che lo rendono così unico.

“Fermo con la schiena contro il secchiaio si accese una sigaretta sulla stufa che sarebbe rimasta spenta per tutto il giorno e diede un’occhiata alla sua casa mobile. Aveva caricato su una vecchia Pontiac tutto quello che aveva deciso di portare con sé. Si avvicinò al frigorifero vuoto fatta eccezione per una bottiglia di vodka Popov, una scarpa da donna, una lattina di succo d’rancia e una versione tascabile di “Dedalus, ritratto dell’artista da giovane”. Dopo aver versato ciò che restava sul succo d’arancia nella bottiglia di vodka pressoché vuota, andò in bagno, gettò la sigaretta spenta nella tazza e si guardò allo specchio. Byron Burns aveva quarantanove anni, era sottopeso, la sua chioma biondo rame stava iniziando a ingrigirsi. Si avvicinò allo specchio e si passò le dita tra i capelli. Il suo volto era ormai piuttosto emaciato. Byron si rimboccò fin sopra i gomiti le maniche della elegante, ma stropicciata, camicia bianca. La tinta dei suoi occhi cambiava a seconda del colore della camicia che indossava. Gli occhi dominavano la sua espressione – vulnerabile – svelando i suoi umori cangianti a chiunque lo conoscesse sufficientemente bene per decifrarli.

Una canzone per Bobby Long è un romanzo scritto da Ronald Everett Capps e pubblicato nel 2004, dal quale è stato tratto l’omonimo film interpretato da John Travolta e Scarlett Johansson. I protagonisti della storia sono Byron Burns e Bobby Long, due uomini colti caduti in disgrazia, vittime del vizio dell’alcol, i quali si ritrovano a prendersi cura di Hanna, una ragazzina di sedici anni figlia di Lorraine, una loro amica con problemi mentali, deceduta da poco. Hanna è una ragazzina che è cresciuta da sola, vittima di una madre che non si è mai presa cura di lei (a causa dei suoi problemi mentali) e che, in realtà, non conosce per niente. Una volta appresa la notizia della morte della madre, la ragazza va a New Orleans nella speranza di poter incassare l’assegno di mantenimento per disabilità che Lorraine percepiva ogni mese. Qui Hanna incontra Byron e Bobby, i due amici con cui viveva la donna, i quali la  convincono a rimanere con loro e a riprendere gli studi per garantirsi un futuro.

“Da quando era arrivata per controllare se Lorraine si fosse lasciata alle spalle qualcosa di valore, erano successe un bel po’ di cose. La mente di Hanna era in fermento. Chi erano quegli uomini, quegli strani uomini che erano andati a letto con sua madre, uomini diversi da come sembravano? Stavano cercando di approfittare di lei? La spaventavano, eppure iniziava a sentirsi attratta da loro. In un certo sento, le ricordavano alcuni aspetti di sé che non aveva mai considerato.

Quello di Hanna è un viaggio alla scoperta di se stessa. Un viaggio che intraprende grazie a Byron e Bobby, i quali le insegnano qual’è il suo valore vero, cosa può avere dalla vita, ciò che può raggiungere lavorando sodo. Alla fine della storia Hanna sarà una ragazza diplomata con ottimi voti, in procinto di iniziare l’Università, indipendente e consapevole di se stessa e delle sue capacità, una ragazza che ha accettato il suo passato, imparando a trarne il meglio.

“«Hanna», disse Byron, «lascia che ti spieghi una cosa. La divisione in classi sociali è una strana faccenda. Come per tutte le cose, c’è qualcosa di buono e qualcosa di non altrettanto buono in proposito. Ora, stammi a sentire. Non vergognarti mai delle tue origini. Un’erbaccia non può essere altro che un’erbaccia, una rosa è una rosa, un’orchidea è un’orchidea. Ma ho visto erbacce più belle delle orchidee. Non che le orchidee non abbiano il loro posto nell’universo della bellezza.»
«Quella che è un’erbaccia per una persona, per un’altra è una magnolia,» disse Bobby.
«Un’erbaccia buona è una delle cose più fantastica che Dio abbia mai creato,» disse Byron.
«Se una margherita cercasse di fare l’erbaccia, farebbe un pasticcio e basta,» disse Bobby. «E adesso, ci fai assaggiare un po’ di passerina?»”

La bellezza di questa storia sta proprio nella sua assurdità. Perché, dai, voi rimarreste a vivere con due sconosciuti ubriaconi che andavano a letto con vostra madre? Una madre con problemi mentali e che praticamente non conosci? Io ovviamente no. Ma d’altronde Hanna ha visto andare la sua vita talmente tanto male da lasciare convincersi, perché, dopo un primo momento di tentennamenti, riesce a intravedere in Bobby e Byron la loro vera natura. Al di là dei loro vizi e delle loro volgarità, sono delle persone per bene, che trattano Hanna come una figlia e le vogliono bene per davvero. Sono due uomini che hanno perso ciò che avevano (lavoro, famiglia, affetti) e sono rimasti da soli, con la loro amicizia profonda e una bottiglia di vodka Popov. E proprio in onore di questa amicizia e anche nella speranza di ottenere una sorta di riscatto agli occhi di chi li ha abbandonati, nel corso della storia Byron sta lentamente scrivendo la biografia di Bobby.

“Byron avrebbe voluto poter attribuire tutta la colpa alla guerra, a un’infanzia difficile, a un terribile handicap, e convincere il lettore del libro – che, con ogni probabilità, non avrebbe mai finito di scrivere – del fatto che c’era qualcosa di buono in Bobby Long. Ma in realtà, il suo amico, con tutte le sue colpe e i suoi difetti, con la sua intelligenza inusuale – acuita o diluita dall’uso di alcol e dai troppi pensieri – non era né buono né cattivo. Era soltanto un essere imperfetto che di nome faceva Bobby Long.

La storia non può che terminare nel migliore dei modi, pur lasciandoti un po’ di amaro in bocca. Ma credo che indipendentemente dal finale, l’insegnamento che questa storia da al lettore sia uno dei più importanti da apprendere nella vita e anche uno dei più difficili da mettere in pratica: mai giudicare qualcuno senza conoscerlo. E vi assicuro che se leggerete questo libro – consigliassimo – alla fine non potrete fare altro se non fare il tifo per Byron, Bobby e Hanna.

Grazie a #ioleggoperché per questa edizione speciale.


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Una canzone per Bobby Long Ronald Everett Capps
Mattioli 1885, 305 p.
Copertina Flessibile  € 15,30

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